Dal catalogo mostra personale

L’officina dei Sogni

galleria l’Indicatore

Roma 11aprile 1989

di  Dario Micacchi

 

ARMANDO TANTILLO:

La casa nella luce mediterranea e l'annunciazione del lontano.

 

 Alta, in vista del mare, sta una casa tra il verde degli alberi e delle siepi. La luce solare è cosi intensa che non lascia ombre e anfratti segreti ma è a un tempo una luce dolcissima o di memoria di una lunga estate cosi dilatata da sembrare la situazione della vita. Una fanciulla, diritta sullo scoglio a picco guarda il mare: è una gracile silhouette ma sprigiona una grande tensione verso il lontano, forse un desiderio di liberazione. Un'altra fanciulla giuoca correndo con un cagnolino. Un'altra bellissima sta distesa nello splendore della luce. Un poeta/pittore sta seduto e fantastica sereno guardando il mare.

Un pastore fa scivolare nel lontano il suono di un flauto. Un altro, carezza delle colombe mentre gli aironi spiccano dalle rocce un volo basso sul mare. Una fanciulla, che più torna nelle immagini siano esse reali o di sogno, spinge instancabile il cerchio presa dal suo giuoco leggero come fosse la cosa più importante del mondo; e, quando si ferma, fissa ostinatamente quella casa alta nel verde come se porgesse l'orecchio a un richiamo o a un canto.

Le vesti di queste creature di sogno sono rosse, azzurre e bianche in tonalità tenere mai gridate. Nello spazio sconfinato dell'immagine, che è sempre ben più grande del supporto, un'imbarcazione ha alzato le vele e introduce nella realtà/sogno il motivo del viaggio. Queste le figure del sogno di infinito, nello spazio e nel tempo, del pittore Armando Tantillo; questa la sua Sicilia con quel promontorio che in qualche immagine è coronato da un dolce colle con in vista un'acropoli con un tempio greco: da qui potrebbe anche calare, per incantamento, la voce di Teocrito che canta la natura o quella dei lirici greci più musicali e sensuali.

Ma l'evocazione greca nella Sicilia di Armando Tantillo non è citazione di museo secondo la moda del gusto nostalgico dei tanti pittori Anacronisti di oggi o secondo gli assemblatori di frantumi come gli scultori Poirer o Mitoraj; ma è un'evocazione che viene dal profondo dell'essere, da una assoluta schiettezza naturale, da un sentire tempo e spazio da moderno in sintonia con i segni grandiosi e naturali siculo-greci.

L'immagine dipinta, col suo struggente desiderio del lontano e, forse, d'una liberazione, è di una levità strabiliante ed ha, proprio come immagine dipinta, quel pencolare tra realtà e sogno, tra esistenza e memoria, tra evocazione e prefigurazione, che fu tipico, per altri versi lirici e pittorici, di un Caspar D. Friedrich, di un Giorgio de Chirico nel suo periodo allo stesso tempo più realistico e più enigmatico; ed anche di un Gustav Mahler quando mise in musica le liriche cinesi del "viandante" che lascia e si allontana, parola dopo parola, in " Das Lied von der Erde".

E' possibile che la grande tensione verso il lontano di Armando Tantillo debba qualcosa alle figure di spalle di Caspar D. Friedrich che guardano l'orizzonte lontano (è un motivo assai amato da un  altro siciliano che dipinge nella terra di Scicli, Piero Guccione).

E così è possibile che la sua fanciulla che spinge il cerchio sia pittoricamente consanguinea della fanciullina che spinge il cerchio in "Mistero e malinconia di una strada" dipinta da Giorgio de Chirico nel 1914 con le ombre lunghe, lunghissime della sera che avanza. Che certi rimandi trapassino gli anni, li buchino addirittura, per riaffiorare freschissimi in una pittura nuova, fresca di colori, è assai frequente; vorrei ricordare la fanciullina vestita di rosso che, in "Spes contra spem" di Renato Guttuso traversa correndo la stanza, cosi popolata di memorie, e porta il fiore rosso da Vittorini a tre amici accaniti a discutere. E' possibile, dunque, che certi rimandi siano trapassati nelle immagini di Armando Tantillo ma per finire bruciate, consunte nel gran fulgore meridiano della luce che egli concentra su quella misteriosa casa sul promontorio.

Del resto, il pittore che è anche uno straordinario incisore a colori e fa apparire una Sicilia germinale, dove arrivano e da dove partono tutti gli uccelli del mondo e queti posano sugli alberi al primo chiaro di luna, non fa misteri del suo amore per i vegetali di Graham Sutherland e i continenti nuovi di Max Ernst così brulicanti di apparizioni. Ha un occhio così penetrante Armando Tantillo e ha ben educato quest'occhio a guardare lontano che da Siracusa lo sguardo corre veloce verso l'Europa.

E quanto al suo sguardo, è uno sguardo a 360° - direbbe Sebastian Matta - che contemporaneamente guarda fuori e guarda dentro di se. Potrò anche forzare l'interpretazione delle immagini di Armando Tantillo ma la solarità, con la tensione verso il lontano che è tipicamente sua, non è tanto un paesaggio siciliano abitato da un genius loci quanto una solarità in gran tensione del suo io profondo. Quelle fanciulle che guardano il lontano e spingono il cerchio e guardano verso la casa misteriosa del padre, sono innanzitutto creature del desiderio della giovinezza nate nell'incandescenza di quella officina di sogni che Armando Tantillo alimenta dentro di se. Se esistono veramente quelle fanciulle che si muovono attorno alla casa, esse sono diventate inconsapevolmente figure portanti un bellissimo sogno di giovinezza del mondo con la loro giovinezza.

Soltanto per loro l'immaginazione lirica di Armando Tantillo poteva costruire quello spazio, quella luce tra cielo e mare, quel sito siculo-greco, quel senso alto di un tempo infinito che avvolge i giuochi e la meditazione, i sensi attivi e la memoria.

Lo spazio entra nel tempo e il tempo nello spazio in una trasparenza di pittura, che sia olio o pastello, davvero stupefacente e di una levità che consente a tutte le figure, pure concrete, di non avere quasi peso. Il disegno delle figure è leggero; non esistono contorni netti delle forme delle figure ma segni e fasci di segni. Il colore è una macchianuvola che potrebbe mutare di tono e di estensione proprio come una nuvola. Più solido, più avvolgente il verde variatissimo degli alberi, delle siepi; nelle immagini di case la materia si fa talora più consistente, sfaccettata, cezanniana come in "Antica villa abbandonata".

Splendido è il rapporto tonale tra la terra rossa del promontorio e l'azzurro variatissimo del mare: è un contrasto che esalta la volumetria della terra rispetto al vuoto mobile del mare e del cielo. Ci sono piccole asperità e durezze nelle masse terrestri: quasi un richiamo terragno al sogno o alla memoria che struttura l'immagine tutta.

E tale sogno io lo sento come un ruscello che scorre segreto tra la casa e i giuochi delle fanciulle. Mi vengono in mente i versi della " prigioniera" Emily Dickinson che parlano di un ruscello :

"...Nel tuo piccolo cuore hai tu un ruscello / Dove sbocciano timidi fiori, / Scendono a bere timorosi uccelli, / E tremino le ombre? / Nessuno sa, tanto sommesso scorre, / Che c'è un ruscello lì - / Eppure tu ci bevi ognigiorno / La tua gocciola di vita. / Allora, in marzo, vegli sul ruscello - / Quando i fiumi straripano / E la neve precipita dai colli / E spesso i ponti crollano - / Vegli anche più in là, forse in agosto, / Quando i campi si stendono bruciati - / Che un rovente meriggio non dissecchi / Il piccolo ruscello della vita...!".

M'è venuto alla mente il segreto ruscello della vita della Emily Dicknson, amato seguito curato, perché  in tutte le immagini di questo angolo della Sicilia iblea che Armando Tantillo dipinge, io sento scorrere un ruscello che egli ama, custodisce, segue con una tensione sentimentale e morale estrema: quel cerchio magico tra casa, fanciulle, mare, cielo non deve, non dovrà mai essere spezzato. Lì scorre quel ruscello di cui dice la Dicknson: bisogna aver l' occhio ben aperto in marzo e in agosto. Il sogno del poeta-pittore deve diventare il sogno delle fanciulle col cerchio e col cane; filtrare da una vita all'altra nei giardini mediterranei.

Ma c'è, possente e inquietante invito, quel lontano del mare e del cielo, ed è qui, tra la casa vicina e il lontano, che la pittura costruisce con una freschezza di sensi e di gesti l'enigma del vivere, dell'essere qui e altrove, dell'avere profondissime radici e del sentirsi flusso. Nella conferenza di Jena del 1924, Paul Klee parlò della poesia-pittura con una metafora: la paragonò a un albero le cui fronde sono tanto diverse dalle radici ma è attraverso il tronco che passano l'energia e il flusso che fanno grande e mutevole la chioma dell' albero.

Armando Tantillo ha radici che affondano profondamente nella terra siciliana - nel senso detto da Paul Klee - ma il flusso di energia, a un tempo terragna e visionaria, esistenziale e storica, trapassa in un vasto fogliame di sogno che ne fa, in Sicilia, un caso pittorico assai originale e anche solitario. Intendiamoci bene: oggi in Sicilia c'è una larga circolazione di informazione e di idee internazionali sull' esperienza moderna della pittura; e ci sono molti artisti, alcuni rientrati dal continente, di autentica qualità poetica i quali, con l'occhio ben fisso sul mondo e sulla natura siciliani, sanno portare in una circolazione ben vasta cose antiche e nuove tipicamente siciliane.

Altri, invece, cercano di trapiantare in Sicilia e nella cultura siciliana esperienze assai esterne frutto di situazioni sociali, esistenziali e culturali molto diverse con l'intenzione di "modernizzare" 1'ambiente siciliano. Insomma una situazione anche sperimentale assai aggrovigliata e anche ricca ma che porta molte incognite nel tempo lungo dell'arte perché  la novità non è modernità.

Per me la modernità di un pittore autentico come Armando Tantillo, che è una vera scoperta, è quel suo occhio a 360° che guarda fuori e guarda dentro di se. Le figure tanto liriche e sognanti delle sue immagini appartengono, credo, alla sua esistenza ma sono creature venute in superfice bucando strati e strati dell'io profondo. la naturalezza dell'immagine è anche lo svelamento di un sogno di giovinezza e di liberazione. Ecco, allora, la poesia di quella tensione verso il lontano e la levità delle figure di sogno nella luce siciliana, mediterranea che finisce per essere la luce della rivelazione e dell'annunciazione.

La fanciulla col cerchio è, forse, la creatura pittorica più delicata e simbolica immaginata da Armando Tantillo; forse, la fanciulla col cerchio ha qualcosa di chirichiano ma anche qualcosa del Cechov delle tre sorelle (anche se il gruppo che fa vivere il promontorio con la misteriosa casa ha qualcosa di una situazione pirandelliana).

Certo, le immagini di Armando Tantillo non sono minimamente un assemblaggio; ma io avanzo delle ipotesi per tentare di far intendere la ricchezza culturale di questo mistero o enigma che sta come un seme piantato nella solarità mediterranea e siciliana. Se il pittore, per la mostra di Roma, esporrà, come io mi auguro, alcune acqueforti a colori con l'albero come grembo di uccelli nel "clima" germinale e cosmico che è tipico anche di un Sutherland e di un Ernst; la figura pittorica della fanciulla col cerchio avrà altre figure significanti per compagne e l'enigma dell'annunciazione tra esistenza e natura si farà più chiaro. E sarà anche più chiara la sintonia tra tensione verso il lontano e levità dell'immagine.

 

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