Francesco Gallo

dal  catalogo mostra “ Treperuno

Cripta del Collegio - Siracusa

18 febbraio – 4 marzo 1984

 

 

 Armando Tantillo anima un mondo favoloso dove accadono eventi che confinano con il mistero, un mistero gioioso e inquietante, vissuto nell'antro magico del colore, un colore di velatura e di trasparenza. Tantillo dà vita nella sua pittura ad una passione amorosa vissuta con sfarzo barocco. Una grande scenografia che parla per figure simboliche, che non stanno in cielo o in terra, ma in una leggiadra follia di specchi, di giochi d'incanto e d'illusione.

 Un immaginario, questo, con una sua raffinata cultura di citazioni, con un’avvolgente sapienzialità da storie di re, fantasmi e cavalieri. Una voluta finzione da cui trapela, in controluce, l'inganno e l'irrequietezza di certa condizione umana. La sua segreta attrattiva è nella lingua scorrevole e fluente, ma anche ricca d'un festevole corteo che fa da controcanto all'ineffabile melodia di un'isola d'uccelli o dell'apparire affabulante di una luna nuova, in cui la decorazione esterna corrisponde ad una qualità interiore, e diventa la godibilità del testo. Uno svolgimento di tavole dalla poderosa forza narrativa, sinuosa e imprevedibile come l'intimo disegno che li anima, discreto nel delineare le movenze dell’inganno, dove comincia il travestimento, la maschera.

 In una policroma atmosfera evoca immagini metaforiche ed ambigue che si  presentano come stati formali colti in un momento del loro svolgersi, in una sorta di ritmo poetico.

Si tratta di immagini basate su un’ispirazione che utilizza il colore in diversi piani  d'intervento, strutturati con una differenziazione formale che va dal basso (materiale e caotico) all’alto (metafisico e cosmogonico).

Tantillo compie un lavoro di astrazione dai momenti della sua esistenza psicologica  e sociologica, conquistando una lingua pittorica che è nome del quid astratto dal vortice dei mille concreti.

Ciò è importante perché  potenzia la valenza espressionistica e la oggettivizza dietro  uno schermo nebulizzato, dato dalla tensione stessa del colore.

Spirito inquieto, cerca nel colore la conferma di un suo bisogno di certezze sulla  possibilità dell'individuo di leggere il mondo del sogno come sogno del mondo.

L'oniricità che si coglie nelle situazioni quasi kafkiane, serve a depurare le  immagini dalle incrostazioni e dalle incoerenze di un quotidiano frazionato, al limite della illegibilità.

Tantillo crea queste situazioni con un intento di chiarimento intimo da rivolgere  poi verso il reale, con spirito poetico rafforzato dall’acquistata certezza di potere procedere all'invenzione, proprio perché  ha accertato la possibilità di creare forme diverse. Forme diverse significano la possibilità di scrivere un racconto che è puro accostamento di forma poetica a forma poetica.

Infatti non racconta nulla che non sia stato d'animo visivo; non c'è in lui altra  preoccupazione che quella di perseverare la possibilità di dire e, per dirla con Gérard Genette, creare dei moduli in cui la direzione e la "finalità si esercita non attraverso un concatenamento lineare, ma attraverso una determinazione a fasci".

 Le sequenze di queste opere si presentano come una lunga poesia, racconto, astrazione, determinate dall'artista che, come il cavaliere della Mancia, detiene un fascio di funzioni i cui effetti sono scaglionati nel tempo del racconto, mentre logicamente sono sullo stesso piano: il piano della creazione artistica nella propria statica indeterminatezza tendente all'infinito.

 Così, concepita la sua narratività fantastica, Tantillo esprime una erraticità che è  nomadismo ma, anche, segreto legame con le sirene della propria terra, in dialogo con il genio dell'imprevisto e con la ritornante ermeticità  dell'indovino.

 


dal catalogo mostra "Armando Tantillo - Grafica"

tenuta al Museo Nazionale di Palazzo Bellomo - Siracusa, aprile 1981

di Francesco Gallo

 

Il mondo del sogno come sogno del mondo

 

In una policroma atmosfera, Tantillo evoca immagini metamorfiche ed ambigue che si presentano come stati formali colti in un momento del loro svolgersi, in una sorta di ritmo poetico. Si tratta di una grafica basata su una ispirazione poetica che utilizza il colore in diversi piani d'intervento, strutturati con una differenziazione formale che va dal basso (materiale e caotico) all'alto (metafisico e cosmogonico).

Tantillo compie un lavoro di astrazione dai momenti della sua esistenza psicologica e sociologica, conquistando una linguisticità pittorico-visuale che è, nello stesso tempo, nome del quid astratto e novità etimologica.

 Ciò è importante perchè potenzia la valenza espressionistica e la oggettivizza dietro uno schermo nebulizzato che poi non è altro che il colore in tensione coordinativa.

Spirito inquieto, Tantillo cerca nel colore la conferma di un suo bisogno di certezze sulla possibilità dell'individuo di cifrare il mondo del sogno come sogno del mondo.

 L'oniricità che si coglie nelle situazioni quasi Kafkiane serve a depurare le immagini dalle incrostazioni e dalle incoerenze di un quotidiano frazionato, al limite della illegibilità.

 Tantillo crea queste situazioni con un intento di chiarimento intimo da rivolgere poi verso il reale con spirito poetico suffragato dalla  acquistata certezza di potere procedere all'invenzione, proprio perchè ha accertato la possibilità di creare forme diverse e porre l'esigenza di nomi diversi. Ma forme diverse e nomi diversi significano la possibilità di dar vita ad un racconto che non è più  reinterpretazione  ma puro accostamento di forma poetica a forma poetica.

Infatti Tantillo non racconta nulla che non sia stato d'animo visivo e intelligenza formale. Non c'è in lui altra preoccupazione che quella di preservare la possibilità di dire, e  per dirla con Gerard Genette,   creare dei moduli in cui la direzione e la "finalità si esercita non attraverso un concatenamento lineare ma attraverso una determinazione a fasci".

 Le sequenze di queste opere che si presentano come una lunga poesia-racconto-astrazione non si determinano infatti le une dalle altre, ma sono tutte determinate dall'artista che, come il cavaliere della Mancia, detiene un fascio di funzioni i cui effetti saranno scaglionati nel tempo del racconto mentre logicamente sono sullo stesso piano: il piano della creazione artistica che si pone come ontologia e come esistenza non riducibile all' essere parziale in un tempo concluso, bensì, nella propria statica indeterminatezza, tendente all' infinito.

 

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